riga rossa

finestra vittoMi alzo questa mattina e, mentre apro la finestra, perché arieggiare è uno dei fondamentali della quarantena, scorro subito lo svolgimento della giornata. Devo pensare a quello che farò e possibilmente metterlo in un ordine cronologico possibile.

Il programma è il binario su cui corre la giornata di isolamento, o tenta di farlo ad una velocità almeno accettabile. Le cose da fare diventano importanti e perdono di qualsiasi banalità. Chissà se sarà sempre così? Forse, no, forse, prima o poi, l’abitudine consueta le rimetterà in quello scomparto delle scontate. Ah, proprio scontate! cioè che improvvisamente valgono meno, perché tanto ci sono sempre. Non avevo ancora colto questo gioco di significati…

Il mio programma è semplice: scrivere una email, fare una paio di videochiamate, leggere delle pagine di un libro, pregare un po’, riordinare un cassetto. La frenesia non mi appartiene più e nemmeno la fretta. Tanti saranno i momenti in cui mi perderò a guardare fuori dalla finestra, lo stesso immutato scorcio di 14 giorni, l’albero, l’uccellino e la sua tana, la siepe e i suoi frequentatori, il passante, l’autobus, la casa di fronte e il suo cortile. Questi momenti lenti, quasi fermi, sono inevitabili, perché la mente si perde nel non fare, si siede sul ciglio dell’indolenza e deve solo stare attenta a non caderci dentro. Perchè poi, anche quando il corpo uscirà da questa stanza, rischierà di farsi trascinare stanca, da un posto all’altro e perdersi la grandiosa scoperta del bidone della plastica in fondo alla strada, meta straordinaria di una libertà limitata e ripresa.

Sono stato fortunato, il Coronavirus mi ha preso, ma non mi ha lasciato segni; ha solo minato la mia piccola pazienza. Ma non per questo scriverò che andrà tutto bene. Perchè non è stato così per la mia famiglia, che ha perso il mio papà in una settimana, morto da solo. Non lo è per migliaia di persone che perdono il lavoro, l’attività, l’esercizio, l’azienda. Non lo è per tutte quelle case che si trovano chiuse dentro tante fragilità, umane, fisiche, psichiatriche, di salute. Fragilità costrette in spazi ristretti, in convivenze difficili, in sopportazioni improbabili. Non andrà tutto bene, ma, sì, ci rialzeremo, ripartiremo, ricostruiremo, con il dovere di non dimenticare nessuno, di non favorire i soliti, di non lasciare indietro gli ultimi. È possibile farlo, siamo una comunità. Facciamolo!

Vittorio

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