Intervista a Roberto Zanoli presidente dell’Associazione di coordinamento regionale delle comunità di tipo familiare dell’Emilia Romagna per una riflessione sulle dichiarazioni di Salvini in tema di accoglienza.
“Quando ho letto le parole di Salvini sono rimasto allibito e ferito. Queste frasi non sembrano voler sollevare una domanda e andare a trovare nuove e migliori soluzioni, che ci sono sempre. Sembrano creare l’ennesimo fronte del nemico” È Roberto Zanoli presidente dell’Associazione di coordinamento regionale delle comunità di tipo familiare dell’Emilia Romagna, che reagisce a quanto ha sentito.
Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, all’inizio di aprile, ha infatti affermato: «Sulla famiglia ci sono due temi sui quali sarò particolarmente attento: case famiglia ed adozioni”. Riferendosi alle case famiglia, Salvini ha poi aggiunto che “sono tante, troppe le segnalazioni che mi arrivano da mamme e da papà ai quali sono stati sottratti figlie e figli, con motivi da approfondire. È un business da centinaia di milioni di euro… Su tantissime case famiglia che fanno il loro lavoro, ci sono anche soggetti che tengono in ostaggio migliaia di bambini».
Roberto, insieme a sua moglie Rita, è casa famiglia dal 1994, legata all’Associazione Venite alla Festa di Limidi di Soliera; in questi anni accolto circa 70 persone fra minori, mamme con i propri figli e qualche adulto in difficoltà. Da diversi anni Roberto coordina l’Associazione regionale, composta da 15 Comunità di tipo familiare: Case Famiglie Multiutenza e Comunità Famigliari. In particolare l’associazione ha come scopo quello di promuovere il collegamento ed il coordinamento di associazioni di comunità operanti in Emilia Romagna. “Le nostre attività – ci spiega Roberto – sono il coordinamento e il sostegno alle attività di comunità per minori, sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell'accoglienza, costruire una rete regionale di conoscenze, intervenire per promuovere promuovere iniziative solidaristiche per i minori.”
In Emilia Romagna i dati al 31/12/2014 dicono che i bambini e ragazzi che si trovano in affidamento a tempo pieno o in comunità residenziale senza la presenza della madre sono 2.569.
Esiste quindi una realtà molto ampia e che tocca migliaia di famiglie. Dipingerla, o meglio imbrattarla, con una pennellata di nero, serve solo a rovinare quanto è stato finora fatto.
La Regione Emilia Romagna ha istituito da anni un Tavolo di Monitoraggio, in attuazione alla Delibera di Giunta 1904/2011, che è Direttiva in materia di affidamento familiare, accoglienza in comunità e sostegno alle responsabilità.
Come funziona questo organo?
“Il Tavolo – ci racconta Roberto - è luogo di confronto tra Associazioni di Famiglie affidatarie, Comunità Famigliari, Comunità educative, Amministrazioni Comunali e Ausl. È da qui che si parte, da un confronto costruttivo nel rispetto delle proprie competenze e nella fiducia reciproca. Luogo di confronto per costruire progetti di accoglienza diffusa e per rilevare criticità emergenti e trovare soluzioni adeguate per risolvere problemi. Non utilizziamo termini quali controllo, ispezione, inchieste, ma utilizziamo altri termini che aiutano tutti ad affrontare il tema con l’intento di costruire, migliorare e non con l’intento di punire, denunciare, accusare. Del resto le strutture di accoglienza aprono dopo una specifica autorizzazione al funzionamento, rilasciata dalla Regione e anch’essa verificata periodicamente. Quindi, già in partenza c’è una selezione attenta.”
Insomma, aprire una struttura di accoglienza non è come aprire un laboratorio di sartoria o una rivendita qualsiasi.
Inoltre, alla Regione sono affidati anche i percorsi di formazione continua dei responsabili delle Comunità e dei loro educatori. Quindi, il percorso è continuamente monitorato e sostenuto.
“Non è proprio il caso di puntare il dito, promuovendo una cultura della diffidenza. Come ogni sistema, anche quello dell’affido è sempre migliorabile. Ma cosa giova puntare il dito su un Tribunale oberato di casi che a volte decide con tanta lentezza per cui i minori stanno in Comunità per anni in attesa di un decreto?
Cosa giova a puntare il dito sull’Assistente Sociale, quando non riesce a farsi vedere e scrivere le relazioni. Questo può succedere, certo. Pensa che ultimamente ne abbiamo cambiate tre su un caso nel giro di 6 mesi. Ma è anche vero che spesso seguono decine di casi e sono sotto personale. Insomma, il sistema funziona, ma è da migliorare. Ma questo non si fa con frasi ad effetto e affermazioni che portano un caso come esempio di altri mille contrari.” Le parole di Roberto diventano accorate, in quanto ha molto chiara la situazione in Regione e non vede affatto questa realtà somigliante alla sparata di Salvini.
“Dobbiamo cambiare i termini, dobbiamo cambiare la prospettiva: invece di accusare costruiamo! Riteniamo sia necessario reinvestire nella promozione di una cultura dell’accoglienza diffusa tra la società civile dove ogni famiglia possa dare il proprio contributo per prevenire situazioni di disagio e abbandono di minori.”
Anche tra le tipologie di casa di accoglienza ci sono differenze e anche queste differenze aiutano a rispondere al meglio alle varie necessità. E anche in questo caso generalizzare crea solo più confusione. Roberto ci spiega meglio: “Siamo tutti favorevoli all’aumento delle famiglie affidatarie; le comunità famigliari e le Case famiglia riconoscono la famiglia come il luogo per eccellenza più idoneo per accogliere minori, pertanto dobbiamo trovare insieme, ognuno per il ruolo affidato, soluzione politiche per includere e non escludere. Per le Comunità Famigliari o educative l’obiettivo primario rimane fare accoglienza temporanea e là dove è possibile, far rientrare il bambino nella sua famiglia d’origine o avviarlo ad un affido o un’adozione.” Insomma nessuno ha intenzione di trattenere un minore più del tempo necessario.
“Abbiamo bisogno di una politica che ritenga necessario costruire città accoglienti e solidali dove oltre al controllo del vicinato, alla preoccupazione di sicurezza e alla costruzione di strumenti di difesa, si investa in risorse rivolte alla prevenzione del disagio famigliare e minorile, pensando che così facendo si investa su un futuro migliore”
Roberto, ma soprattutto il Coordinamento regionale che rappresenta, ha le idee molto chiare in merito: “L’Accoglienza è un’azione condivisa, la responsabilità ricade su tutti i residenti nel territorio dove si trovano le Comunità. Se desideriamo che non si commettano errori stiamo loro vicino. Preveniamo gli errori o le sbandate della Comunità e facciamo cerchio. L’esperienza di accoglienza non può e non deve essere sostenuta nella solitudine della singola famiglia. Il ritrovarsi nel coordinamento sviluppa la rete quale forma di sussidiarietà orizzontale, che si esprime attraverso il confronto, il sentirsi accolti, il poter condividere esperienze positive e fatiche. La casa che accoglie cerca di vivere nella città o nel paese in cui si trova, così che tutti possano contribuire, affinché l’esperienza possa essere la più positiva possibile e anche che il minore possa riprendere il suo cammino nel più breve tempo possibile, avendo avuto la possibilità di raccogliere nel suo “zaino esperienziale” tante relazioni positive.”
La riflessione è molto impegnativa e ci si rende conto subito che, volendo affrontare questo tema, occorre conoscerlo e avere una visione ampia. “Spiace davvero conclude Roberto Zanoli - ancora una volta, trovarci a rispondere ad accuse che lanciano messaggi fuorvianti e non offrono un quadro corretto della realtà. Invece di lanciare slogan, se esistono problemi o ci sono delle criticità emerse, perché non ci si incontra e si trovano soluzioni condivise? In Emilia Romagna gli strumenti ci sono.”
È possibile che ogni Regione abbia la propria realtà e organizzazione, ma è anche vero che l’obiettivo deve essere condiviso da tutti e mettere al centro il diritto del minore, così come, del resto sottolinea la legislazione nazionale di riferimento.
Ce lo spiega bene, ancora una volta Roberto: “Cerchiamo di costruire invece di distruggere e investiamo sulla prevenzione, sul sostegno alla genitorialità più fragile, sul sostegno ai servizi sociali territoriali. Impegniamoci tutti insieme nel costruire città accoglienti, per il bene di quei bambini e ragazzi che chiedono di poter essere tutelati e garantiti nei loro diritti.”
Lo sforzo, quindi, include tutti; sicuramente non giustifica torti o copre errori, ma parte dalla realtà di una società che vive nelle case e nelle strade dei propri quartieri. Altra cosa che sparare frasi ad effetto per accattivarsi solo un segmento della società. Troppo facile così. E solo distruttivo.
Vittorio Reggiani