Campo famiglie 2016 - “Beati di Misericordia e Giustizia”
Che cos’è il “Ghetto”?
“È un gruppo di persone che non sono considerate da nessuno”
“È il luogo dove vivono queste persone”
“Sono delle case costruite dalle persone che le abitano”
Queste frasi, spezzoni tipici del modo di parlare degli adolescenti sono tentativi di iniziare a descrivere l’esperienza che un gruppo di ragazze e ragazzi di 13-15 anni ha vissuto lo scorso agosto nelle campagne di San Severo, un comune in provincia di Foggia.
Il gruppo è quello degli adolescenti della nostra comunità, il luogo è la Puglia, in mezzo alle campagne che in estate brulicano di manodopera che raccoglie il pomodoro, parte del quale troveremo durante l’anno sulle nostre tavole, in forma di passata.
La visita è stata possibile durante il Campo Famiglie annuale, svolto a Marina di Lesina (Fg); i ragazzi, come noi genitori, stavano riflettendo sul tema “Beati di Misericordia e Giustizia”, una piccola provocazione ad accostare la Misericordia alla Giustizia, quelle umane all’inizio, in un contesto geografico dove alcune realtà stridono rumorosamente di fronte alle coscienze umane, almeno a quelle che provano ad interrogarsi.
Grazie a Concetta, operatrice di una cooperativa che lavora con i profughi, il gruppo di ragazze e ragazzi del Venite alla Festa si è recato nella campagna di san Severo, dove è sorto quasi spontaneo un accampamento di profughi che si spostano lungo le stagioni per lavorare. Questo luogo abitato principalmente da uomini, ma anche con donne e bambini, è una vera e propria e favela, lasciata quasi completamente a se stessa, se non per alcune realtà che portano assistenza, aiutate da qualche coraggioso volontario.
La scena che si è presentata davanti al gruppetto è stata davvero desolante e molto dura: abitazioni di cartone, lamiera, recuperi di case demolite, legno e qualsiasi altro materiale sono sorte in mezzo alla campagna, fino ad ospitare più di 2000 persone in estate, in condizioni abitative davvero dure. Sono i ragazzi che ci raccontano ancora cosa hanno visto: “avevano i bagni in mezzo ai campi… beh, bagni!... vanno a farla in mezzo alla campagna… io non sarei resistita per più di una settimana…. sei matta?? Una settimana? Tre giorni al massimo!... erano vestiti con abiti di lana, non fanno caso alle stagioni perché, ci hanno detto, loro non le hanno dove sono nati… c’erano rifiuti ovunque”.
Già, i rifiuti! Quando il gruppo è arrivato al ghetto, si è diretto in una baracca in mezzo alla favela che altro non era che “Radio Ghetto”, una vera e propria radio locale, messa insieme con mezzi di fortuna ma efficaci, che trasmette nelle zone vicine e registra. Serve per dare voce e per mandare a casa dei messaggi. Nella radio quella mattina c’era Benedetta Tobagi, giornalista di Repubblica e della RAI che stava cercando di fare una piccola inchiesta sul fatto che il comune di San Severo non passava a raccogliere i rifiuti. E’ vero che le abitazioni erano abusive, ma questo è un dovere del Comune nel proprio territorio e le montagne di rifiuti avevano già provocato incendi e sono fonte di malattie. Benedetta ha accolto i ragazzi con grande calore, ha raccontato loro quello che stava facendo, ha spiegato come si imposta un’inchiesta, ha fatto assistere i ragazzi ad una telefonata al Comune; Benedetta avrebbe vissuto nel Ghetto una settimana.
Cosa ha colpito di più di questa visita? È sempre il gruppo di adolescenti che risponde:
“L’ambiente in genere, il posto degradato”; “Il fatto che ci fossero baracche che erano negozi di ogni genere, come un vero piccolo paese”, “il modo in cui vivono queste persone”
La visita a Radio Ghetto ha fatto toccare con mano una realtà che si pensava lontana, da Sud America e che era impossibile immaginare davvero senza esserci stati. Il Ghetto è uno dei tragici frutti delle migrazioni dei profughi e della incapacità e impossibilità di accoglierli con un minimo di dignità.
Forse la descrizione migliore l’ha fatta chi tra le ragazze ha detto: “Impossibile da spiegare se non lo vedi”
Impossibile da dimenticare se non ti schermi di indifferenza e cinismo.
Vittorio